GIANNI DE TORA |
CARTELLE /mostre collettive |
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2000 "Cartolina per Napoli" - Palazzo Reale Napoli 16 marzo 4 aprile |
TESTO DI ARCANGELO IZZO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA |
Una ''cartolina'' per Napoli ed è subito '' evidenza reale e simbolica'', concreta e virtuale, fisica e mentale. La "cartolina" non è solo simbolo e specchio della città, ma è soprattutto riproducibilità di un paesaggio che, per sineddoche, metonimia o metafora, o per qualsiasi altro traslato del linguaggio creativo, conserva e accresce l'unicità dei tratti, come nel volto umano, e del particolare, come nella spazialità panoramica, sostituendo la tipografia con la topologia e restituendo alla somma degli elementi frammentari la totalità di una visione un po’ magica, un po’ misteriosa, un po’ - per così dire - pitagorica dell'equivalenza di aree differenti, innervata per altro sulla somiglianza del dissimile. In essa, contorni ed essenza, fissità e divenire generano immediatamente l' "eidos" che rivela, al di là dell'immagine, del fantasma e dell'icona, il territorio e la sua gente, e la "natura del corpo delle cose, la relazione e il vincolo interiore tra la corporeità e l'incorporeo", tra il visibile e l'invisibile. Comportamenti, fenomeni ed eventi si susseguono anche come stazioni climatiche e astrologiche oppure come tracciati di un viaggio disegnato e diretto verso il luogo del desiderio, verso un "dove abitare", assecondando la geografia di una mappa che, mentre produce la "doppia cattura dell'immaginario più astratto" e del reale più concreto, designa "un mondo, oggetto di uno sguardo". In esso, l'immaginazione creativa interviene per sottrazione, a togliere, a scendimento, per cancellazione o a strappo, o per aggiungere, per mettere, tracciando partiture di colori, segni, geometrie e grumi, dal momento che ognuno, di fronte a questo "mondo" può ritrovare e riscoprire l'amore per la scu-ltura o la pittura, per il collage o il decollage, per la poesia visiva o per il World Game o per la Living Art. Napoli, pertanto, non è più città da "evacuare", a meno che non si inventi un altro nomadismo extraplanetario; posta tra il bradisismo di Pozzuoli e dei Campi Flegrei, a Occidente, e il paesaggio sismico, a Oriente, degrada rapidamente dall'alto delle sue colline al basso dei suoi arenili mediterranei, affollati da migliaia di case, rese belle non dal cielo che le copre né dal mare che le lambisce, ma dalle "grandi stanze, ove il tempo non conta e che lo spirito vuole popolare". Aperta per destino e per vocazione al cambiamento e al divenire (nea), la "polis" tende ormai a fissare la sua forma di città-Stato, antica Capitale di un Regno, nuova Capitale dell'Arte, decisa a recitare il suo ruolo nella Regione e ad imporre un progetto, non assistito, di sana competitività col governo e con la nazione. Non può essere considerata, ancora oggi e in una prospettiva limitante o ideologicamente narcotizzata, "immobile" e, addirittura "porosa", perché la "città" vive e mantiene le opposizioni anche contro la globale "tuttilità italiana", esposta "al rischio di far sfumare ogni cosa in una mescolanza informe e priva di tensione, in uno stile improntato alla prudenza e alla cautela, in un minimalismo avaro e sospettoso". Al contrario la sua "felix culpa" consiste proprio nella naturale inclinazione alla "forma", nell'eccedenza di "figure" del linguaggio, che muoiono e nascono come le esperienze del "Teatro Natura" ove ben presto "i nomi dei protagonisti non saranno necessari" e per il quale "vi sarà una parte per tutti nelle grandi opere d'arte di domani". Il mito racconta che ogni "evento", ogni "azione" si svolge tra profezia (fari) e destino (fatum), tra libidine del potere (legato alla politica o al desiderio di ricchezza) e indifferenza alla morte (thanatos), ma l'elemento eccezionale, eccentrico ed ex-statico, spesso obliato, anche nel mito, è legato al "nèon", al nuovo, al ghenos, all'origine, alla nascita e soprattutto al crimine di Ulisse che cinicamente fa morire Partenope per l'insaziabile desiderio del tempo libero, cui non può porre rimedio nemmeno la poesia, neppure Orfeo, che con il suo canto rievoca la giovinezza della ninfa, ne rinnova l'inganno e l'illusione, mentre resta intangibile, inconseguibile l'immagine della bellezza, reale e virtuale, come figura sospesa sulla liquida superficie dello schermo video. Rilke parla di Napoli come città "difficile" ove "alla realtà e alla forza del di fuori" corrispondono la "profondità dell'intimo, la libertà e il silenzio dell'invisibile"; per essa si può anche morire come accade agli eroi dell'antinazismo; o come avvenne a Plinio il Vecchio che da Como venne a Napoli per osservare troppo da vicino il fenomeno del Vesuvio; per essa si può provare quel dinamico ed energico algos nostou, quel desiderio del viaggio di ritorno, sensibilmente percepito da chi da essa si è allontanato, anche se volontariamente, anche se liberamente e per la vastità del "mondo" che tutti accomuna. Al suo invito, gli artisti hanno risposto con ready-made modificati, con partiture grafiche e pittoriche, visuali e filmiche, alludenti o meno al sound dell'arte, alla performance e alla ricorsività, all'happening, all'environement o all'ecologia; con oggetti apotropaici o fallici, con ex voto o santini, con ritratti e icone dell'arte popolare o astratta, assecondando le proprie vocazioni, ma tenendo conto della destinazione e dell'approdo nel luogo ove la memoria non registra ma racconta le esperienze di un viaggio seguendo i segnali di un Portolano o diario di bordo. Le "opere" possono essere belle o brutte, sublimi o kitsch, ma riflettono sempre la "geometria delle passioni", l' "algebra delle stelle": sono x Napoli. |
TESTO DI GIUSEPPE ZAMPINO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA |
Una cartolina per Napoli
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TESTO DI TOMMASO FERRILLO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA |
L'idea della mostra "Cartolina per Napoli" rimanda all'esperienza reale, vissuta al tempo, e dell'Operazione Vesuvio presso la galleria "Il Centro", e presso gli Incontri Internazionali d'Arte. Pertanto ho raccolto, con lungo e costante impegno, "cartoline", "opere", "oggetti" e "materiali" d'artista su Napoli e per Napoli, come "collezione" di frammenti di un discorso amoroso sulla nostra città. Un discorso di estrema leggerezza che accompagna, tuttavia, un progetto editoriale, umile e semplice, ma fondato sulla speranza e il desiderio di riaprire un nuovo dibattito sui cambiamenti, sulle attenzioni e sulle possibilità, ancora latenti, di Napoli. I ringraziamenti, per la riuscita di questa mostra, vanno a chi ha creduto nel progetto e ci ha permesso di realizzarlo, agli artisti che hanno inviato le loro "cartoline" e soprattutto a Napoli che ha dimostrato ancora una volta di essere capace di trasmettere e ricevere messaggi culturali di grande rilievo, testimonianze di riconoscimento di città d'arte. |
locandina |
copertina catalogo e pagina con opera di De Tora |
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